In un mercato talmente saturo da far passare nell’anonimato titoli brillanti come Titanfall 2 e Lawbreakers non c’è da sorprendersi che i first person shooter free to play, persino quando molto validi, trovino difficilmente spazio. Il genere, ad ogni modo, non ha affatto una buona reputazione, complici le centinaia di cloni di Call of Duty con nessuna nuova idea sul piatto e modelli economici sfacciatamente pay to win che ne decretano la morte nel giro di qualche mese. Il caso di Dirty Bomb è invece abbastanza diverso: il lavoro di Splash Damage (Wolfenstein: Enemy Territory, Doom 3, Brink, Gears of War 4) denota una certa motivazione nel volersi elevare al di sopra della massa di sparatutto militari generici e propone un gameplay ibridato agli hero shooter mettendo in primo piano la skill dei giocatori anziché il loro portafogli.
Non si tratta comunque di una new entry su Steam, anzi era già uscito 2 anni fa sotto l’egida di Nexon, noto publisher di prodotti F2P. Il caso vuole che recentemente gli sviluppatori abbiano riacquisito i pieni diritti sul gioco e di conseguenza si è assistito al rilascio di corposi aggiornamenti. Sono arrivati nuovi contenuti sotto forma di personaggi e mappe, rifiniture all’anticheat, al competitivo, in generale al bilanciamento delle classi. Curiosi di toccare con mano i frutti dell’impegno dello studio inglese, siamo tornati a imbracciare il fucile.
Anteprima di gioco
Dirty Bomb potrebbe essere descritto come una combinazione tra Overwatch e Battlefield, uno sparatutto in prima persona basato sulla conquista di obiettivi e la presenza di specializzazioni. Gli eroi del caso, i mercenari, sono complessivamente 20 e in partita è permesso usarne fino a 3 (uno per volta, da sostituire al respawn). Ognuno possiede un certo numero di carte Loadout, vale a dire set di equipaggiamenti differenti e abilità aggiuntive suddivisi in base alla rarità. Niente di tutto ciò va a influire negativamente sull’esperienza in game, infatti non soltanto gli utenti hanno la facoltà di vincere o acquistare tali carte semplicemente giocando, ma le più rare non garantiscono alcun beneficio al di fuori del reskin estetico. Di positivo c’è che il sistema funziona, minimizza gli sbilanciamenti e consente una personalizzazione ragionevole; tra i negativi troviamo invece l’impossibilità di cambiare Loadout pur possedendo la carta a meno che non si sblocchi o compri il mercenario prescelto, e non è così facile.
I singoli personaggi arrivano invero a costare circa 10€ oppure intorno ai 40.000 gold, cifre tutt’altro che irrisorie. Spendere, comunque, non garantisce vantaggi tangibili, al massimo permette di risparmiare una dose di grinding visto che praticamente ogni oggetto venduto nello shop non viene precluso ai giocatori free to play. In vendita, tra Loadout, materiali per craftarli, booster ai crediti ottenuti e gingilli da appendere alle armi spiccano i forzieri contenenti carte di ogni rarità in alternativa a skin esclusive per il competitivo. Interessanti, poi, alcuni bundle con mercenari e relativi Loadout, senz’altro più convenienti in termini di prezzo rispetto all’acquisto singolo ma ad ogni modo un tantino cari persino se raffrontati ai MOBA.
Sul fronte contenutistico si registrano significativi passi avanti dalla data di uscita originale. Tre le modalità: Objective, Objective Stopwatch e Execution. Nelle prime due le squadre, composte da fino a 8 membri per lato, si contendono obiettivi multipli sequenziali da portare a termine entro un certo limite di tempo. Se il team alleato attacca un vault o cerca di scortare il payload i nemici dovranno impedirglielo; in stopwatch il processo raddoppia ma a schieramenti invertiti. Execution prevede invece lo stesso set di regole del cerca e distruggi in Counter-Strike, con i classici esplosivi da innescare e l’assenza di respawn. Objective prende indubbiamente la corona di modalità più giocata e divertente, nonché protagonista delle partite competitive visto il marcato focus sul lavoro di squadra, sul posizionamento tattico e sulla skill. Rimane infine da segnalare la presenza di un tutorial piuttosto approfondito sulle meccaniche di shooting e movimento in cui affrontare una serie di utili prove a tempo.
Grafica e gameplay
Nel corso dei suoi due anni di vita Dirty Bomb ha subito evidenti ritocchi, specialmente al comparto tecnico. Passi avanti nella resa di modelli, texture, ombre e morbidezza dell’immagine; nonostante tutto mantiene una leggerezza da peso piuma in termini di requisiti, abbordabili a dettagli massimi da qualsiasi sistema di fascia media. Certo, non saremo ai livelli di un Battlefield One ma a dispetto dell’età il buon lavoro sull’Unreal Engine 3 rende ancora molto bene, regalando una Londra piuttosto convincente. Del comparto sonoro c’è poco da dire se non che risulta carente in varietà quando si esaminano gli effetti sonori di armi e altri strumenti bellici.
Questo elemento concorre sfortunatamente all’indebolimento di un feedback delle armi già precario, nonostante si tratti di modelli esistenti e ampiamente sdoganati come M-16, AK-47 e Steyr AUG. Non parliamo comunque di un’incertezza talmente netta da pregiudicare in toto la fruizione del titolo. Del resto Dirty Bomb, lo abbiamo detto poc’anzi, diverte e mette in primissimo piano le abilità del giocatore. Saper mirare alla testa anche dalla distanza è fondamentale, meglio ancora se non si utilizza lo zoom. Ugualmente importante è muoversi in continuazione e sfruttare il comodo wall jump per raggiungere le postazioni elevate quando si sorveglia un obiettivo. Buono il design delle mappe, una decina, che si estendono generosamente sia in orizzontale sia in verticale peccando solo nella prevalenza di strettoie (spesso fin troppo caotiche) come connettori tra i vari punti di controllo in Objective.
Per quanto riguarda il bilanciamento non abbiamo particolari osservazioni da muovere. Ogni personaggio, se nelle mani giuste, può diventare una letale macchina da guerra. Non esistono armi o abilità oggettivamente più potenti di altre, tutto dipende da come le si utilizza sul momento. Bisogna essere dinamici e switchare con prontezza il mercenario a seconda delle esigenze del team. Potrebbe servire un medico nel caso in cui i compagni inizino a morire come mosche oppure un supporto qualora ci fosse penuria di munizioni. Ciononostante i ruoli hanno una valenza soltanto indicativa e la composizione del team non influisce poi tanto sull’esito dei match. Lo dimostra il fatto che chiunque può, ad esempio, rianimare i feriti in una manciata di secondi (anche se i medici ci riescono istantaneamente): la libertà d’azione concessa al giocatore è di gran lunga superiore a quella offerta dai canonici sparatutto a classi e il time to kill equilibrato garantisce un’esperienza gradevole persino ai fan degli hero shooter.
Conclusioni
A conti fatti Dirty Bomb merita senza dubbio un posto di assoluto rilievo nel panorama degli FPS free to play moderni. Solide le meccaniche di gioco, soddisfacente il lato contenutistico, di buon livello la resa grafica, non invasivo il modello economico. Non è certamente un titolo privo di difetti, d’altronde l’impegno in fase di rifinitura da parte degli sviluppatori continuerà ancora per molto, tuttavia ciò che ci si trova fra le mani oggi ha davvero poco da invidiare alla concorrenza. Se cercate un’alternativa gratuita ai capisaldi del genere, in Dirty Bomb troverete un validissimo candidato.